Al seguito del Tour de France, il serial killer si sfoga sulle prostitute ma trova chi riesce (la luminosa Elina Löwensohn di Hal Hartley) ad amarlo: ed ad impedirgli di uccidere ulteriormente.Documentarista, sperimentalista, cineasta che ha masticato a lungo nella video, Grandrieux cerca di entrare nel mondo torbido e complesso della sessualità e della morte senza concessione. In questo caso: senza una storia, una progressione drammatica, che appunto risulterebbero di comodo. Ma dall'interno: attraverso un uso "intimo" dello sguardo della cinepresa, sfocato, scuro (come dice il titolo), sottoesposto, a spalla, incollato alle turbe dei suoi personaggi. È un percorso difficile, a tratti interessante: più il compito è difficile ("spiegare, non certo giustificare, l'itinerario del mostro"), più quel modo di penetrare a fatica, di cozzare contro una realtà ostica, sgradevole, ha un che di coraggioso e di ammirevole.
Rimane il fatto che organizzare una visione del genere non è facile: abbandonare la progressione classica per seguirne un'altra mentale arrischia ad ogni istante la catastrofe. Cosi certe scene risultano logicamente ardue da seguire, altre sono troppo facili (la solita esasperazione musicale, le discoteche, ecc., l'indifferenza della massa che segue il Tour), pretestuose, impotenti.
Un tentatativo interessante, una personalità estetica, un passo sulla strada faticosa di farsi cineasta compiuto, anche quando si seguono vie ambiziose ed avventurose.